ILLEGITTIMO IL BLOCCO SELEZIONE PENSIONI

ILLEGITTIMO IL BLOCCO SELEZIONE PENSIONI

I giudici della Consulta hanno dichiarato illegittimo il blocco delle pensioni voluto nel 2012 e nel 2013 dal governo Monti che, per un intero biennio, non ha rivalutato in base all’inflazione gli assegni previdenziali sopra i 1.400 euro lordi, come invece era sempre avvenuto prima .
Infatti, con la pronuncia della Corte Costituzionale (Sentenza n. 70/2015) la rivalutazione prevista dall’art. 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, bloccata dalla Legge Fornero per gli anni 2012-­‐2013, riprenderebbe a produrre effetti.
Pertanto, la Corte Costituzionale con la Sentenza ablativa n. 70/2015 ha giudicato incostituzionale il blocco della perequazione delle pensioni operato, in riferimento agli anni 2012-2013, dell’art. 24 comma 25 del D.L. 201/2011 che conseguentemente è da ritenersi abrogato. In particolare la norma aveva disposto la rivalutazione piena (100% indice FOI) delle pensioni non superiori a 3 volte il trattamento minimo INPS dell’anno precedente l’anno di competenza della rivalutazione (per il 2011 1.405,05 euro). Inoltre era stata prevista la rivalutazione per le pensioni di importo compreso tra 1.405,05 euro lordi e 1.443 euro lordi ( 3 volte il trattamento minimo rivalutato). Tutti i trattamenti pensionistici di importo superiore a 1.443 euro non venivano rivalutati all’indice inflattivo di riferimento per la totalità del loro importo.
Il giudice delle leggi ha riscontrato in tale norma una lesione degli artt. 36 e 38 della Costituzione in riferimento ai quali è stata effettuata una lettura sistematica.
Su detta pronuncia è intervenuto il Governo che, con il Decreto Legge n. 65 del 2015, ha limitato il diritto alla rivalutazione delle pensioni. Più precisamente, il Decreto ha stabilito diverse misure di rimborso e, in alcuni casi, l’ha addirittura escluso.
Il 15.07.2015 è stato approvato in via definitiva al Senato il disegno di legge per la restituzione parziale ai pensionati degli arretrati (sotto forma di una tantum) e il D.L. n. 65/2015 è stato convertito nella Legge del 17 luglio 2015 n. 109 LEGGE 17 luglio 2015, n. 109.
Dopo il pronunciamento della Corte, l’esecutivo guidato da Matteo Renzi avrebbe dovuto restituire ai pensionati la bellezza di 16-18 miliardi di euro ma ha deciso di rimborsarne solo una piccola parte, cioè 2,18 miliardi circa.
Il Tribunale di Trapani ha fissato per il mese di giugno le prime udienze sui ricorsi depositata dall’Avv. Filippo Spanò il quale dichiara che fino al 31 dicembre sarà ancora possibile agire per il riconoscimento dei diritti di tutti quei pensionati vittime del blocco della perequazione!
Invitiamo, pertanto, chi volesse far esaminare la propria posizione, a contattare urgentemente la segreteria di CO.DI.CI al 3920779799 o via mail a spanofilippo@tiscali.it) per verificare  i casi che rientrano tra quelli per cui è possibile avviare le azioni volte ad ottenere la ricostituzione della pensione d il rimborso degli arretrati.

DANNO E BEFFA PER 64 LAVORATORI DEL CIOFS: LICENZIATI E MAI LIQUIDATI

DANNO E BEFFA PER 64 LAVORATORI DEL CIOFS: LICENZIATI E MAI LIQUIDATI

Fonte: http://www.lurlo.info/it/ciofs/

Basterebbe una semplice lettera per sbloccare la situazione e aiutare gli ormai ex dipendenti del Ciofs, ente di formazione professionale curato e gestito dalle suore salesiane. Oltre il danno, la beffa per i 64 lavoratori dell’ente che sono stati licenziati e mai liquidati. Il trattamento di fine rapporto che l’Inps dovrebbe erogare risulta essere bloccato finchè l’ente non invierà una lettera di autorizzazione all’erogazione.

Il Ciofs, formato nel 1978 proprio con “finalità istituzionali di orientamento, di formazione, di aggiornamento professionale, di ricerca e di sperimentazione, promuovendo e valorizzando lo specifico apporto femminile in ambito socio-culturale ed economico”, da diversi anni sta subendo sulla propria pelle la crisi del settore della Formazione. A pagarne le conseguenze i 64 lavoratori che hanno svolto la loro attività presso le diverse sedi dislocate nelle province siciliane: Gela, Catania, Acireale, Palagonia, Pietraperzia, Palermo, Messina e Modica.

Nel 2015, infatti, iniziano i primi licenziamenti, la riduzione delle ore, che in molti accettano pur di salvaguardare il posto e nella speranza di un futuro migliore, e la cassa integrazione. I mesi passano, la Regione non paga, l’avviso 3 è bloccato. L’ente decide quindi, a settembre 2015 di continuare solo i corsi Oif, quelli dedicati ai minori e all’obbligo scolastico. Ci sono quindi altri esuberi e altri licenziamenti.

A febbraio 2016, la svolta negativa: la scuola decide di non poter andare avanti, i ragazzi fatti trasferire in altri enti e nominati due liquidatori che avrebbero portato alla chiusura. Gli stipendi arretrati sono ormai ben 10 mensilità. Ad ottobre , è stata depositata la domanda di concordato preventivo in bianco; domanda che però il tribunale rigetta insieme a quella di fallimento.

Con l’acqua alla gola, i lavoratori subiscono l’ennesimo smacco: il Tfr (trattamento di fine rapporto ndr) già versato dall’ente risulta essere bloccato. All’Inps servirebbe una dichiarazione dell’amministrazione che sblocchi i fondi fino al momento versati e che in nessun caso potrebbero tornare nelle casse del Ciofs. Lettera però che i responsabili dell’Ente non hanno mai inviato.

A nulla è valsa la denuncia di alcuni ex dipendenti all’ispettorato del lavoro, messo con le spalle al muro dalla burocrazia stessa.

Diversi i tentativi dei lavoratori di parlare con qualcuno, ma tutti si sono trincerati dietro il silenzio: un silenzio assordante che lascia un unico dubbio generale. Perchè non fare l’unico passo che permetterebbe di aiutare in questa difficilissima situazione i lavoratori?

“Stiamo seguendo di recente alcuni lavoratori dell’ Ente di formazione denominato Ciofs Sicilia -spiegano gli avvocati dell’associazione Codici, Manfredi Zammataro e Mario Campione – In questa inquietante vicenda che vede per l’ennesima volta protagonista (in senso negativo) il sistema formazione siciliano. Ebbene, Non possiamo che prendere atto come questi lavoratori siano stati lasciati del tutto abbandonati da parte del datore di lavoro e in una situazione di totale incertezza sia occupazionale sia con riferimento alle loro spettanze lavorative nonché per lo stesso Trattamento di Fine Rapporto. Superfluo dire come tale situazione sta snervando gli ex lavoratori dell’Ente di formazione, costretti a vivere giorno dopo giorno nell’incertezza del loro futuro. Tutto questo è francamente inaccettabile. Per tale ragione, preannunciamo che porremo in essere in nome e per conto dei nostri assistiti tutte le iniziative volte alla loro più completa tutela”.

Poste italiane condannata. I titolari di Buoni Fruttiferi Postali (B.F.P.) costretti a ricorrere al Tribunale di Trapani per vedersi riconosciuto il diritto negato da Poste Italiane S.p.A

Poste italiane condannata. I titolari di Buoni Fruttiferi Postali (B.F.P.) costretti a ricorrere al Tribunale di Trapani per vedersi riconosciuto il diritto negato da Poste Italiane S.p.A

I titolari di Buoni Fruttiferi Postali (B.F.P.) costretti a ricorrere al Tribunale di Trapani per vedersi riconosciuto il diritto negato da Poste Italiane S.p.A. al pagamento dell’effettivo valore del B.F.P. maturato dopo 30 anni.
Nel 1985 Poste Italiane emetteva un B.F.P. del valore di 1 milione di lire. Dopo 30 anni Poste Italiane voleva rimborsare solo € 7.800,00 ai ricorrenti, ritenendo di poter applicare tassi di interesse diversi da quelli pattuiti.
Il Tribunale di Trapani accoglie la domanda dell’Avv. Filippo Spanò, legale dell’associazione Codici, riconoscendo ai ricorrenti l’importo di € 17.900,00 oltre spese legali.

Le Poste italiane, infatti, forti di alcune pronunce di segno contrario rispetto alla sentenza della Cass. civ. Sez. Unite Sent. n. 13979/2007, hanno infatti continuato ad applicare i minori interessi previsti con il D.M.del Ministero del Tesoro del 13/06/1986 anche ai vecchi buoni postali venduti ai cittadini in data successiva alla pubblicazione del predetto D.M. In tal modo hanno corrisposto interessi inferiori a quelli riportati sui Buoni Postali Fruttiferi in spregio all’orientamento chiarito dalle Sezioni Unite della Cassazione.
In merito all’illegittimità di tale comportamento si era anche pronunciato, di recente, anche il Tribunale di Roma, Sez. III, con la sentenza del 22/02/2013 che aveva espressamente chiarito che “In merito agli interessi da corrispondere sui buoni fruttiferi postali, l’art. 173 del T.U. n. 156 del 1973, disponeva che essi dovevano corrispondersi sulla base di una tabella riportata a tergo dei buoni medesimi e che tale tabella, per i titoli i cui tassi fossero stati modificati dopo la loro emissione per effetto di un decreto ministeriale sopravvenuto, doveva essere integrata con quella messa a disposizione dei sottoscrittori presso gli uffici postali. Qualora nel corso del rapporto non risulti intervenuta alcuna modifica concernente il tasso degli interessi, né alcuna modificazione risulti verificatasi rispetto alla situazione esistente al momento della sottoscrizione dei titoli, l’eventuale discrepanza tra le prescrizioni contenute nel DM disciplinante la materia e le indicazioni apposte sui buoni fruttiferi offerti in sottoscrizione ai richiedenti dall’Ufficio Postale, deve essere risolta dando prevalenza a queste ultime”.
CO.DI.CI. Trapani ha attivato un servizio di consulenza in ordine alla problematica relativa alla corretta corresponsione, da parte delle Poste Italiane S.p.A., degli interessi  dovuti al momento della riscossione dei Buoni Postali fruttiferi (BPF).

È sufficiente contattare la segreteria di CO.DI.CI al numero  3920779799 o via mail a spanofilippo@tiscali.it) per essere contattati e così verificare  se il BPF inviato rientra tra quelli per cui è possibile avviare le azioni volte ad ottenere la corresponsione dei maggiori interessi realmente dovuti rispetto a quelli determinati dalle Poste Italiane S.p.A.

Giro di diplomi a 3.500 euro all’Istituto “D’Annunzio”: CODICI si costituirà parte civile

Giro di diplomi a 3.500 euro all’Istituto “D’Annunzio”: CODICI si costituirà parte civile

Truffe come quella scoperta dalla Guardia di Finanza in relazione al Centro di istruzione “D’Annunzio” contribuiscono solamente a squalificare l’immagine dell’istruzione italiana. Annunciamo pertanto che il CODICI si costituirà parte civile al processo che avrà luogo contro i presunti responsabili della vicenda” ha dichiarato l’avv. Manfredi Zammataro, segretario regionale per la Sicilia dell’Associazione Nazionale CODICI – Centro per i diritti del cittadino
Presunti responsabili che sembrano essere stati identificati in ottanta soggetti (ad ora), tra i quali anche il deputato Gaetano Cani che, dal 2015, fa parte dell’Assemblea Regionale Siciliana e, a casa del quale, secondo quanto appreso dagli organi di stampa, le Fiamme Gialle avrebbero trovato e sequestrato circa 300 mila.
La vicenda cui ci si riferisce è quella relativa alla scoperta da parte della Guardia di Finanza di un giro di diplomi ottenuti illecitamente, pagando cifre pari a 3.500 euro a studente: è ciò che accadeva al Centro di istruzione privato “D’Annunzio” di Ispica e Rosolini; gli studenti in questione, dopo aver sborsato la cifra “necessaria” al conseguimento del diploma, venivano poi mandati a svolgere gli esami di maturità (conoscendo preliminarmente le risposte ai quesiti e adottando altri mezzi illeciti per ottenere con certezza il titolo di studio) presso altri Istituti paritari riconosciuti dal Ministero di Acireale, Canicattì e Licata, con la connivenza dei docenti e delle strutture, oltre che con un giro di denaro pari ad oltre due milioni di euro.
Quello individuato dalle Forze dell’Ordine è un sistema che attribuisce titoli di studio a chi in realtà non ha affatto dimostrato di possedere le conoscenze e i requisiti per conseguirli. Titoli di studio a tutti gli effetti falsi che ledono non solo l’immagine dell’istruzione italiana, già sovente sotto accusa, ma contribuiscono a favorire un sistema di tipo corruttivo e clientelare” ha affermato ancora l’avv. Zammataro di CODICI Sicilia. 
CODICI ALLA XVI SESSIONE PROGRAMMATICA DEL CNCU: IL RUOLO DELLE ASSOCIAZIONI DEI CONSUMATORI NELL’ECONOMIA COLLABORATIVA

CODICI ALLA XVI SESSIONE PROGRAMMATICA DEL CNCU: IL RUOLO DELLE ASSOCIAZIONI DEI CONSUMATORI NELL’ECONOMIA COLLABORATIVA

CODICI ha preso parte alla XVI Sessione Programmatica del Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti (CNCU) – Regioni che ha avuto luogo a Catanzaro lo scorso 22 e 23 novembre.

A rappresentare l’associazione che da anni si pone innanzi il compito di tutelare il consumatore e i suoi diritti, sono stati l’avv. Manfredi Zammataro, segretario di CODICI Sicilia, oltre che di CODICI Calabria, oltre agli avv. Melita Cafarelli (referente provinciale per Messina), Giovanni Crimi (referente per Castelvetrano e Palermo), Mario Campione (referente per Catania), Rosa Ippolito (delegato di CODICI Calabria) e ai dott. Luca Tantino (referente per Bagheria e Carini), Davide Zanon (segretario regionale di CODICI Lombardia) e Carla Pillitu (responsabile ufficio stampa CODICI).

L’evento è stato programmato in due giornate per offrire la possibilità ai diversi intervenuti di partecipare ai diversi workshop e confrontarsi sui temi del consumerismo e della tutela del consumatore. Il tema generale è stato quello del “Ruolo delle associazioni dei consumatori nell’economia collaborativa”, e ha visto l’intervento – tra gli altri – del Sottosegretario di Stato e Presidente del CNCU, Antonio Gentile. Nell’ambito dei diversi workshop previsti dal programma (“Consumo collaborativo”, “La tutela del consumatore nell’economia collaborativa” e “Il nuovo ruolo delle amministrazioni nell’economia collaborativa”), sono inoltre intervenute varie personalità esperte in merito al tema dei consumi provenienti dal mondo accademico, mentre altre interne al mondo associazionista.

Le tematiche affrontate e dibattute nel corso dell’evento sono molto importanti in materia di consumo” ha dichiarato l’avv. Zammataro “il ruolo delle associazioni resta sempre di primo piano nel contesto dei movimenti consumeristi e la nostra è da sempre attiva nel cercare di affrontare e osservare i cambiamenti economici e di mercato per meglio muoversi nel suo compito di tutela dei diritti del consumatore”.

BONUS CULTURA PER I DICIOTTENNI: IL GRANDE BLUFF DEL GOVERNO RENZI

BONUS CULTURA PER I DICIOTTENNI: IL GRANDE BLUFF DEL GOVERNO RENZI

Avv. Zammataro (CODICI): il Bonus cultura in Sicilia per i giovani diciottenni è destinato ad essere un grande imbroglio.  Che sia una manovra politica per spingere i giovani a votare a favore del Governo al prossimo referendum?

Dal primo novembre 2016 al 31 gennaio 2107, è possibile per i nati nel 1998, e cioè per chi nell’anno 2016 ha compiuto o compirà 18 anni, ricevere su iniziativa del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, un Bonus da 500 euro da spendere in cultura (Cinema, Concerti, Eventi culturali, Libri, Musei, Monumenti e Parchi, Teatro e Danza).

Posto che la procedura per i rilascio dei buoni spesa non è particolarmente semplice o fruibile per tutti, sorge un’altra e più significativa problematica: Dove e come spendere questi soldi? 

A tal proposito l’Associazione dei Consumatori CODICI – Centro per i Diritti del Cittadino – Sicilia ha condotto un’indagine finalizzata.  Di seguito ciò che è emerso:

***

Analizzando, passo dopo passo la procedura, ci si rende conto che, il giovane dopo aver effettuato l’identificazione digitale e aver inserito i propri dati all’interno del sito www. 18app.italia.it (che si chiama app ma non è una vera e propria app), può generare dei buoni da utilizzare sia online che presso gli esercenti che hanno aderito all’iniziativa.

Tramite il sito il diciottenne verifica il prezzo dei libri o dei biglietti per eventi e iniziative culturali e genera un buono di pari importo. Questo può essere salvato sullo smartphone o stampato e verrà utilizzato per l’acquisto.

Fin qui nulla di strano. I problemi iniziano nel momento in cui, tramite il sito, si verifica la disponibilità degli esercenti che hanno aderito, nelle diverse città siciliane. In Provincia di Catania non esiste, ad esempio un cinema che abbia aderito all’iniziativa, è quindi impossibile per i giovani poter spendere questi bonus presso i cinema. Ma le problematiche non coinvolgono solo la provincia di Catania. Ecco una tabella riassuntiva che specifica a quali eventi possono accedere i giovani siciliani aderendo all’iniziativa.

 

 

Cinema

 

 

Concerti

 

 

Eventi culturali

 

 

Libri

 

Musei, monumenti e parchi, aree archeologiche

 

 

Teatro e danza

Agrigento 0 1 2 4 1 1
Caltanissetta 0 0 0 2 0 0
Catania 0 1 0 11 0 0
Enna  0 0 0 0 0 0
Messina 2 0 0 7 0 0
Trapani 0 0 0 3 0 0
Palermo 5 4 2 13 2 6
Ragusa 0 0 0 1 0 0
Siracusa 0 0 0 1 0 0

(tabella elaborata dal’ Associazione CODICI Sicilia)

 

Come si evince dalla tabella il Bonus per i giovani siciliani non è fruibile a pieno. Analizzando i dati infatti i diciottenni della provincia di Enna,, ad esempio, non possono spendere i 500 euro in alcun modo, non essendoci nessun esercente convenzionato. Così come solo i giovani delle provincie di Palermo e Messina possono spendere i soldi per andare al cinema.

Secondo il segretario regionale del CODICI Sicilia Avv. Manfredi Zammataro “Questi sono solo degli esempi ma bastano per rendersi conto che il Bonus Cultura, almeno in Sicilia, sembra essere un grande bluff, in quanto pur mettendo a disposizione degli studenti delle somme da poter investire in cultura, non è poi materialmente possibile spendere queste somme. Inoltre quella che sembrava essere una manovra mirata anche ad accrescere l’economia degli esercenti  nei fatti non porterà alcun beneficio alle attività locali. 

L’analisi di questi dati è stata eseguita dall’associazione CODICI, Centro per i diritti del cittadino, dopo aver istituito uno sportello per aiutare i giovani ad accedere al servizio. CODICI si interroga sulla effettiva convenienza dell’attivazione del servizio. È chiaro infatti che i giovani siciliani non potranno trarre i benefici sperati e come consumatori risultano privati di un servizio studiato ad hoc per loro. 

In conclusione l’associazione sottolinea come il Bonus cultura in Sicilia per i giovani diciottenni è destinato ad essere un grande imbroglio. A che pro dunque creare un servizio che poi non può essere utilizzato dai destinatari? Che sia una manovra politica per spingere i giovani a votare a favore del Governo al prossimo referendum?